“Che io sia la fascia”, la poesia d’amore tramandata nella cultura degli indiani d’America del Nuovo Messico e da me pubblicata nel precedente post, nel lontano 1974 è stata musicata da Angelo Branduardi ed inclusa nel primo LP della lunga carriera di questo originale musicista e cantante. Successivamente, nel 2003, è stata riarrangiata ed inserita nell’album “Altro e altrove”, interamente dedicato a poesie d’amore provenienti da luoghi lontani e dalle più diverse culture.
L’amore appare l’unica lingua, l’unico messaggio che accomuna i popoli e con la sua musica Branduardi riesce ad interpretare ogni poesia con dolcezza ed intensità.
Branduardi ha sempre mantenuto un legame forte con la poesia: ha composto brani ispirandosi a Dante, al Cantico delle creature di S. Francesco ed a Franco Fortini. La sua più famosa canzone resta tuttora "Confessioni di un malandrino", il cui testo è del poeta russo Esenin; nel 1985 ha pubblicato "Branduardi canta Yeats", musicando dieci liriche del grande poeta irlandese William Butler Yeats, tradotte ed adattate da Luisa Zappa, sua moglie e collaboratrice da sempre nei testi delle sue canzoni.
Per lui hanno scritto testi i più grandi autori della musica italiana: Eugenio Finardi, Roberto Vecchioni, Pasquale Panella, Maurizio Fabrizio, Giorgio Faletti, Claudio Baglioni e tanti altri e recentemente ha realizzando le basi musicali per Caparezza.
Una caratteristica delle sue inconfondibili composizioni è l’ispirazione tratta dalla riscoperta e valorizzazione del passato, con una certa predilezione per la musica barocca e rinascimentale e la passione per la musica popolare, tradizionale ed etnica di ogni parte del mondo.